Il calendario di Cometa di luglio 2015
Agli Strigidi, uccelli rapaci di abitudini prevalentemente notturne, come il Gufo, abbiamo dedicato più volte un calendario. Ma non abbiamo mai avuto l’occasione, finora, di incontrare il rappresentante probabilmente più diffuso di questi simpatici rapaci: la Civetta (Athene noctua). Ora questa opportunità ci è data dal recupero, in corso da parte del nostro Veterinario, di una civettina di una settimana, ritrovata a terra in un’area di allevamento di cavalli un mese fa.
Si tratta di un uccello piuttosto piccolo e sedentario, altamente adattabile, che ama condividere l’habitat con l’uomo, ed è in grado di comunicare con i suoi simili attraverso un esteso spettro vocale: più che di un canto si tratta proprio di versi, di volta in volta striduli, fastidiosi, malinconici, accompagnati da una serie di movimenti delle ali tipici di ogni situazione specifica. Sono proprio questi suoni che hanno indotto la cultura popolare a immaginare e credere che il canto della civetta annunciasse una morte in arrivo. Dal semplice portare sfiga al diventare un archetipo negativo, il passo è breve; e ritroviamo la nostra amica protagonista, insieme al gatto, di una celeberrima acquaforte del Goya il cui titolo è diventato anch’esso un’icona: “Il sonno della ragione genera mostri” (1797). In più la Civetta è etimologicamente legata - almeno a partire del XV secolo - al verbo ‘civettare’, ovvero fare moine, compiere gesti di seduzione, detto in generale di una donna. Inutile dire che il nostro piccolo rapace è innocente di tutte le colpe: anzi, è stato l’uomo a costringerla a civettare, ovvero a istruirla a tenere comportamenti tali da richiamare altri uccelli.
Come tutti gli animali investiti dalle credenze popolari, la Civetta miscela connotazioni negative con valori positivi. Particolare è il suo rapporto con Atena (Minerva, nella civiltà latina), la dea greca della saggezza e della strategia, che spesso veniva raffigurata con una civetta appollaiata in testa (anzi, nella mitologia egea più antica la stessa dea è proprio una civetta). Un rapporto tanto forte da essere ufficializzato sulle monete battute nella città fondata e protetta da Atena: e di tali monete l’Atene del IV-III secolo a.c. era così ricca che la frase di Aristofane “portare civette ad Atene” acquistò il senso di fare un lavoro inutile o per lo meno superfluo (tanto che ancora adesso la tetradracma con la civetta è considerata dai numismatici relativamente comune). In Grecia, la tradizione è stata mantenuta rappresentando la civetta anche sulla moneta da un euro (c’è da chiedersi fino a quando). |