Il calendario di novembre 2017
Fino dalla più remota antichità vi sono stati scambi di esseri viventi tra le terre e i mari del pianeta.
Molti di questi, i più antichi, sono stati spontanei: uccelli migratori che trovavano un ambiente consono e diventavano stanziali, che depositavano semi raccolti altrove, movimenti tettonici e fenomeni vulcanici che spingevano animali in zone più tranquille; esempi che si possono moltiplicare. Erano comunque fenomeni “lenti” se misurati sulla scala dei tempi della nostra quotidianità.
Con l’avvento della specie umana i tempi dello scambio accelerarono: è pur vero che il riso, coltivato in Cina già dal VI millennio a.C. ci mise qualche migliaio di anni ad arrivare in Europa seguendo la via della seta, ma in epoche più recenti bastarono pochi secoli per consentire agli arabi - maestri nella coltivazione e nell’irrigazione - di far conoscere in Europa una varietà di piante alimentari: agrumi, melanzane, spinaci, canna da zucchero e molti altri erano cibi ignoti in Europa.
Il traffico di esseri viventi tra le Americhe e l’Europa, dal ‘500 in poi, si misura in decenni. Non ostante l’ampiezza dell’Atlantico e le difficoltà di navigazione, nel giro di un secolo divenne talmente intenso da generare su entrambe le sponde una vera e propria rivoluzione ecologica che gli storici denotano col nome di “Scambio Colombiano”.
I navigatori portarono nelle Americhe molti animali (il cavallo, il maiale, la mucca, la capra, la pecora, il gatto, il coniglio, il pollo, il baco da seta, l’ape da miele e altri) e ne riportarono pochi (la cavia, il tacchino). Su versante dei vegetali per alimentazione la partita è più o meno pari: gli europei ci misero la mela e la pera, il riso, l’orzo e la segale, la carota e la cipolla e altro e se ne tornarono con la patata, il pomodoro, il mais, la zucca, la fragola e molte altre piante (portammo laggiù anche l’oppio e ne riportammo il tabacco: la globalizzazione delle debolezze umane non è cosa di oggi).
Ovviamente c’erano organismi il cui import/export avveniva senza che i navigatori dello Scambio Colombiano ne avessero coscienza: con i marinai europei arrivarono nel Nuovo Mondo la peste, il colera, il vaiolo, il tifo, la lebbra e un altro po’ di malattie infettive cui gli americani risposero (anche se la cosa è un po’ controversa) con la sifilide.
E’ pur vero che le nuove malattie uccisero - tra il 1500 e il 1650 - dal 50% al 90% delle popolazioni native americane, ma è altrettanto vero che i nuovi animali da alimentazione (mucche, capre, pecore, maiali, …) e da lavoro (cavalli, asini) contribuirono non poco ad irrobustire i sopravvissuti e a migliorarne il tenore di vita, dando all’America - soprattutto al nord - la sua veste attuale. Anche gli europei furono fortunati: la patata e il mais, quando - e ci volle un bel po’ di tempo - si decisero a coltivarli e a mangiarli, furono un aiuto indispensabile durante le carestie del ‘700.
In tempi più vicini la velocità con cui gli organismi transitano da un continente all’altro sono ancora più rapidi, i fenomeni si concentrano in una manciata di anni: tra le metà e la fine dell ’800 furono ben poche le viti europee che sopravvissero alla fillossera (Daktulosphaira vitifoliae) e alla peronospora (Plasmopara viticola), organismi entrambi provenienti dal Nordamerica, e le nostre viti poterono ricrescere solo dopo l’innesto con varietà americane resistenti; la storia dell’importazione del coniglio in Australia è ben nota a tutti; l’apertura del canale di Suez (1869) consentì a molti pesci e alghe tropicali di riservarsi nel Mediterraneo, dove divennero predatori degli organismi locali. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, e sono tutti più o meno catastrofici. Infatti l’immissione di un organismo alieno in un nuovo ambiente può avere tre esiti: o la pianta, l’animale, il batterio non si adatta - perché trova predatori da cui non ha mai imparato a difendersi o condizioni generali avverse - e scompare senza che ce ne accorgiamo; oppure si adatta entrando in una nicchia ecologica dove resterà in equilibrio; oppure ancora trova una situazione che gli consente di svilupparsi - cibo abbondante, assenza di predatori, condizioni meteorologiche favorevoli - e lo fa in misura abnorme (sono gli IAS, le specie invasive aliene). Tipicamente è questo il caso di organismi che approdano nell’area mediterranea provenendo dall’oriente e dal continente americano, dove le condizioni climatiche sono più estreme e la popolazione dell’organismo si trova in condizioni di equilibrio generata dalla lunga permanenza nell’area.
Il più recente di questi “regali” che ci sono arrivati da altre parti del mondo è proprio la cimice asiatica del nostro calendario: si tratta di un afide di origine cinese e giapponese che ha la caratteristica di nutrirsi di quasi tutte le specie di frutta presenti nel territorio del nord Italia; dopo essere passato per gli USA e il Canada è stato individuato per la prima volta nel 2012 in provincia di Modena da cui si è massicciamente diffuso in tutto il settentrione proprio perchè il nostro clima temperato gli consente una riproduzione rapida e sul nostro territorio non sono presenti antagonisti efficaci (attualmente la lotta si svolge soprattutto con trappole a feromoni e protezione degli alberi con reti, anche se sono riposte speranze in altri insetti, quali Anastatus, Trissolcus e Ooencyrtus, che sono in grado di parassitare le uova della cimice).
Bene: dopo la Xylella (il batterio che ha distrutto gli olivi secolari del Salento, proveniente dal Sud America), la cimice asiatica e molti altri alieni, gli entomologi ci dicono che dobbiamo aspettarci l’invasione della temibile Vespa Velutina, un calabrone asiatico di 5 cm. infaticabile predatore delle api europee.
Tutti questi organismi, oltre a creare gravi danni economici, rischiano di compromettere seriamente la biodiversità. Per questo motivo il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato il Regolamento 1143/2014 “recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”, entrato in vigore dal 1 gennaio 2015. Entro questo quadro normativo si colloca il progetto europeo Life ASAP, di cui è possibile leggere - in coda al calendario - il recente comunicato stampa di Legambiente. |