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mercoledì 30 settembre 2020

Il calendario di ottobre 2020

L'esperimento di Belyayev

Il calendario del mese scorso è stato dedicato a sfatare la diffusa opinione che l’evoluzione richieda tempi lunghissimi, assumendo come evidenza il caso dei cani ferali, ovvero cani domestici che - una volta tornati alo stato naturale - acquisiscono e trasmettono alla loro discendenza caratteri diversi da quelli del Canis familiaris, tra cui la diffidenza verso l’uomo, che pure ne ha domesticato i progenitori. Il loro patrimonio genetico si è dunque modificato nel giro di poche generazioni, non più di cinque o sei.

Anche tra le volpi sta nascendo un nuovo genere. La volpe è un canide opportunista: se può trovare da mangiare senza dover faticare a cacciare, si accontenta. E quale miglior ristorante dei bidoni di spazzatura di una grande città? in più, in seno a una metropoli non vi sono predatori (potrebbero essere solo lupi o felini grandi almeno come una lince) e se proprio vuoi divertirti ad andare a caccia, topi e ratti abbondano. Di recente ha giocato anche l’epidemia, spopolando le vie urbane dagli uomini. Ed ecco il nuovo genere: la Volpe Urbana (che ancora non ha un nome scientifico), osservata per la prima volta a Berlino negli anni ’50, attualmente presente con circa 10.000 esemplari a Londra, frequentemente visibile anche nelle grandi città italiane. La volpe urbana è geneticamente diversa dalla sua versione selvatica, come rileva un recente studio di un team di ricercatori delle università di Glasgow, Edimburgo, Bristol e Massachusetts. Questa mutazione della volpe è spontanea: la capacità cerebrale è più piccola (probabilmente per la minore abilità necessaria a vivere in un ambiente dove il cibo è di facile reperimento) e il muso si è conformato per favorire la possibilità di frugare tra la spazzatura. Ma esistono anche mutazioni indotte attraverso incroci selezionati, come l’esperimento di Belyayev, in corso da 70 anni, rivolto allo sviluppo di una volpe domestica.

Tutti noi, immagino, siamo assolutamente contrari alla sperimentazione sugli animali, ma il cosiddetto esperimento di Belyayev non ha nulla a che fare con cose terribili quali vivisezione, test di farmaci e tutte le turpi pratiche con le quali imponiamo sofferenze ai nostri amici.

Dmitry Konstantinovich Belyayev (1917-1985) era un genetista russo inviso al regime* che si era posto il problema di capire come fosse stato possibile che 14.000 anni fa gli uomini fossero riusciti a farsi amico il lupo trasformandolo in quel meraviglioso compagno dell’umanità che è il cane domestico. Belyavev, insieme alla sua allieva Lyudmilla Trut, vollero provare a replicare il processo di domesticazione del lupo su un altro animale e - trovandosi in Siberia dove abbondano le volpi - scelsero queste ultime per il loro tentativo, che percorse una strada del tutto naturale e assolutamente non violenta.

Per prima cosa, verso la fine degli anni ’50,  vennero selezionati gli esemplari che mostravano spontaneamente meno paura dell’uomo: questi animali vennero progressivamente incrociati, sempre prestando attenzione che le nuove coppie non fossero imparentate, e tra i loro discendenti si selezionavano di nuovo gli animali più mansueti.

Nel marzo del 1974, alla 15esima generazione di volpi, Lyudmilla Trut si trasferì in una casetta di tre stanze insieme a Pushinka (in russo il nome significa “batuffolo di pelo”), una delle femmine che più avevano mostrato di gradire la presenza umana e che era incinta, allo scopo di verificare se la convivenza stretta tra umani e volpi si sarebbe risolta in quella sorta di splendida solidarietà che lega i cani domestici all’uomo. Lyudmilla racconta con parole commosse quando Pushinka, subito dopo il parto, depose uno dei piccoli ai suoi piedi “Vergogna” disse la donna alla volpe “prenderà freddo” e lo riportò nella cuccia, ma Pushinka lo riprese tra i denti e glielo riportò**. Insomma, tra la volpe e  la donna si era creato quel rapporto non solo di pacifica convivenza ma di riconoscimento affettivo che lega il cane all’uomo.

A quella di Pushinka sono seguite altre 43 generazioni. Già “nella sesta generazione” - scrive la Trut in un articolo di “Bioessays” del 2009 - "sono comparsi cuccioli che cercavano avidamente il contatto con gli esseri umani, non solo scodinzolando ma anche con uggiolii, piagnucolii e leccate simili a quelle dei cani”.

Nel giro di una cinquantina di anni i ricercatori russi erano riusciti a ripercorrere, probabilmente accelerandola, l’evoluzione che dal lupo aveva portato al cane, mostrando anche che il legame tra il cane (e ora la volpe) domestico e l’uomo non è di mera opportunità, ma profondamente affettivo. Non solo alcuni tratti somatici si sono modificati, ma la mappatura del dna mostra che queste “nuove” volpi sono diverse da quelle selvatiche, e anche le loro espressioni sono uniche e più simili a quelle del cane che non a quelle della volpe.

L’uomo ha acquistato un nuovo amico, speriamo che ne faccia tesoro. Perché, come dice ancora Antoine de Saint-Exupèry nel Piccolo principe: “Tu diventi per sempre responsabile di ciò che hai reso domestico”.

nb: che a nessuno venga l’idea di comprare una volpe domestica, magari in Internet. L’unico modo è quello di contattare direttamente l’istituto di Novosibirsk (del quale peraltro non si sa se continuerà l’attività) e di prepararsi a sborsare alcune migliaia di euro. Ma vi sono nei canili italiani decine di migliaia di cani che non aspettano altro che qualcuno dia loro una famiglia …

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* negli anni ’50 e ’60, in Russia, si erano diffuse le idee dell’agronomo ucraino Lysenko che avevano incontrato l’approvazione di Stalin, ma erano lontane da quelle della genetica scientifica, accusata di essere una dottrina borghese, il che costò ai genetisti russi l’esilio (e a qualcuno la condanna a morte). L’idea di Lysenko era quella che le piante andassero “educate” ad esempio piantando il grano oltre il Circolo Polare affinché “imparasse” a crescere al freddo. I risultati furono tragici, con infiniti morti per carestia, ma la propaganda governativa nascose gli insuccessi e amplificò i pochi risultati positivi perché l’apparato politico aveva decretato che quella di Lysenko fosse “l’unica teoria corretta”. E’ quel che succede quando il sistema di governo sostiene e concede visibilità, per propri scopi, a personaggi ambigui che nulla hanno da condividere con scienziati veri


** la stessa Trut, ormai quasi novantenne, insieme a Lee Alan Dugatkin dell’università di Luisville, ha recentemente scritto un articolo dove ripercorre con parole commoventi la sua esperienza. Lo si può trovare sulla rivista “Le Scienze” del luglio 2017

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