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giovedì 30 settembre 2021

Il calendario di ottobre 2021

Firmiamo il referendum contro la caccia

Ultimamente i telegiornali si sono riempiti di filmati nei quali i cinghiali vengono ripresi mentre si aggirano tranquillamente nei centri urbani.

La ragione scatenante di questo fenomeno può essere facilmente trovata nell’abbondanza di cibo che questi ungulati trovano nell’ambiente urbano, nelle strutture di vendita e ristorazione che spesso e volentieri abbandonano gli avanzi all’aria aperta, nei cassonetti (quando ci sono) che sono facilmente violabili.

Risalendo un po’ a monte, è evidente che la vera responsabilità della crescita del numero di cinghiali è - tanto per cambiare - dei cacciatori. Il cinghiale autoctono italiano (Sus scrofa meridionalis, ancora diffuso in Sardegna e in Corsica) è piccolo (70 chilogrammi, altezza di 60 cm. al garrese), timido e tende a vivere nel folto dei boschi, dove il nutrimento non abbonda:  elementi che hanno impatto sul tasso di riproduzione, che resta limitato. Ma, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso i cacciatori hanno importato massicciamente esemplari centro europei, molto più grandi e disinvolti, che hanno dato luogo a una razza diversa, più adattabile e resistente, con progenie più numerosa e ben disposta all’ibridazione con i maiali selvatici. Secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) solo nell’ultimo decennio il numero di questi ungulati è raddoppiato, raggiungendo un milione di esemplari (altre stime indicano la popolazione in oltre due milioni). Al loro incremento ha contribuito anche la scarsità di lupi, che sono - insieme agli orsi - gli antagonisti naturali del cinghiale, e che solo ultimamente hanno ripreso a diffondersi in conseguenza del programma europeo Life Wolfalps.

Che i cinghiali facciano danni è fuori di dubbio: non tanto nelle città dove la loro presenza è di fatto pittoresca ma innocua, quanto sulle strade extraurbane (incidenti automobilistici) e alle coltivazioni. I cittadini danneggiati imprecano contro i cinghiali, ne chiedono l’uccisione (che le autorità chiamano eufemisticamente “prelievo”), con grande gioia dei cacciatori, che sono i veri responsabili dei danni.

La responsabilità dei cacciatori nell’aver provocato l’invasione dei cinghiali è solo la punta dell’iceberg dei danni che la caccia provoca all’ambiente e alle persone: tonnellate di piombo (oltre 5000 ogni anno) e altri metalli diffuse sul terreno, una quantità di morti (oltre 200 nell’ultimo decennio) e feriti (circa 700 nell’ultimo decennio), depauperamento di specie di animali protetti.

Il fatto è che i cacciatori sono anch’essi una specie in via di estinzione (attualmente sono circa 500.000, nel 1980 erano quasi 2 milioni), ma la loro capacità di fare danni resta elevata, tanto più che essi invecchiano e quanto più invecchiano tanto più diventano pericolosi: la vista non è più perfetta, le mani tremano, punti il fucile ma inciampi (una interessante statistica dell’Associazione Vittime della Caccia espone che, sui 52 fatti di sangue della stagione 2019-2020, 35, pari al 67%, sono stati provocati da ultra 50enni, e qualcuno da ultra 80enni). Poi vi sono quelli che vanno fuori di testa, litigano con la moglie o il vicino, hanno un fucile in casa e lo usano (e non sono pochi). A queste considerazioni occorre aggiungere una quantità imprecisata di uccisioni o ferite ad animali domestici dovute a comportamenti di cacciatori.

Insomma, permane uno sparuto gruppo di vecchietti, sostenuti dalla potente lobby degli armaioli e ampiamente tollerato da molti politici, che sono di fatto in possesso della licenza di uccidere. Ora chiediamoci: ma è possibile che uno Stato che riesce a imporre a milioni di italiani quarantene e passaporti vaccinali non sia in grado di mettere questi pochi sanguinari in condizione di non nuocere (a sé, al prossimo e alla natura)?

Adesso è possibile fare un passo in avanti per cancellare questa prova di assoluta inciviltà: si è costituito il Comitato Referendum Si aboliamo la caccia che ha presentato in Corte di Cassazione un articolato referendum orientato all’abolizione completa della caccia sul territorio nazionale. Sembra ovvio che gli Amici e le Amiche di Cometa non si sottrarranno alla sua sottoscrizione. La firma può avvenire presso il comune di residenza, presso i chioschi dell’organizzazione oppure on-line (solo se in possesso di SPID) Tutte le informazioni si possono trovare a questo link:

https://www.referendumsiaboliamolacaccia.it/firme-sul-territorio/

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qualche interessante collegamento:

Per detenere un fucile da caccia, così come per rinnovarne l’autorizzazione al possesso, è necessario un esame psicofisico: nel 2019 l’indagine “Certificato pazzo” svolta dai Carabinieri del NAS di Latina ha portato in carcere 11 persone e altre 70 denunciate a piede libero per l’eccessiva disinvoltura con cui la sezione locale dell’ArciCaccia gestiva i cosiddetti “certificati psichiatrici uso caccia”. Questo caso è emerso, ma quanti sono i fatti analoghi che restano nell’ombra?

https://latinatu.it/terracina-i-certificati-falsi-dellarci-caccia-di-bruno-lauretti/

ArciCaccia è vicina alla sinistra, ma la vocazione a sparare è politicamente trasversale. L’insensata proposta di istituire il reato di ecoterrorismo per chi disturba le attività di caccia e pesca è di un certo Sergio Berlato, europarlamentare di Fratelli d’Italia che nasconde il fucile dietro la retorica dell’Associazione per la difesa e la promozione della Cultura Rurale:

https://www.vicenzatoday.it/attualita/la-proposta-di-sergio-berlato-chi-interrompe-caccia-e-pesca-andrebbe-trattato-da-terrorista.html

Perfino in seno al Movimento 5 Stelle, da sempre feroce oppositore della caccia, allignano soggetti favorevoli:

https://www.cacciaedintorni.it/movimento-5-stelle-si-spacca-fronte-caccia/

E infine una curiosità:

https://www.valledaostaglocal.it/2017/08/21/leggi-notizia/argomenti/cronaca-4/articolo/crolla-il-numero-dei-preti-cacciatori.html

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