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lunedì 31 ottobre 2022

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L'Ornitorinco: un progetto abbandonato

Se l’Ornitorinco fosse stato conosciuto nel Medioevo si sarebbe meritato il posto d’onore in qualche bestiario di animali fantastici, contendendolo a ippogrifi, unicorni, manticore, chimere, sfingi, draghi e a quant’altro la fantasia dell’epoca aveva prodotto in tema di esseri portentosi. Salvo il piccolo fatto che - a differenza dei suoi colleghi medioevali - l’Ornitorinco esiste davvero: tutti noi l’abbiamo incontrato sui testi scolastici dove ci veniva descritto come l’anello di raccordo tra i rettili e i mammiferi.

In realtà, anche se l’Ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus) presenta caratteri tanto del rettile quanto del mammifero, la sua filogenesi non costituisce un punto di snodo tra le due grandi classi di vertebrati, ma tra diversi rami dei mammiferi: un tentativo di Madre Natura in una direzione diversa di quella dei mammiferi placentati* (che partoriscono piccoli vivi) che ha dato luogo alla sottoclasse dei Monotremi (o Prototheria). I Monotremi si sono sviluppati parallelamente ai mammiferi placentati, ma con evidente meno fortuna, poiché hanno dato luogo a una scarsa differenziazione (solo cinque generi: l’Ornitorinco e quattro generi di Echidna). Ciò non ostante non si sono estinti ed anzi godono di buona salute.

In effetti l’Ornitorinco è un animale strano, talmente strano che, quando fu presentato alla comunità degli scienziati della fine ’700, questi credettero che si trattasse di una truffa. La storia della sua scoperta si intreccia con quella dell’Australia (che ancora oggi è l’unico continente dove il nostro amico vive) e fu conseguenza della colonizzazione della costa est, quando questa terra cominciava a essere oggetto dell’avanzata dei coloni che rimpiazzavano i galeotti deportati, fino ad allora gli unici abitanti non indigeni dell’Australia.

Benché già all’epoca fossero note le caratteristiche dell’Ornitorinco, per molti anni l’esistenza del nostro amico fu trascurata dai ricercatori e venne portata all’attenzione del pubblico solo da un articolo del National Geographic del 1939, epoca a partire dalla quale fu studiato con attenzione, perché questo elusivo animaletto dal peso di uno-due chili possiede dei tratti assolutamente unici:

- l’Ornitorinco depone le uova (come gli uccelli e i rettili) ma allatta i piccoli. Di più: poiché la femmina non ha capezzoli i piccoli succhiano il latte che trasuda dalla pelle;

- l’Ornitorinco adulto non ha denti, mentre i piccoli hanno tre molari (che sono una caratteristica dei mammiferi). Anche il meccanismo delle orecchie è simile a quello dei mammiferi. Nell’adulto il muso si allarga in un falso becco simile a quello dell’anatra, molto duro, che gli consente di nutrirsi scavando sul fondo dei corsi d’acqua:

- l’Ornitorinco possiede quattro zampe palmate, quelle anteriori usate per la propulsione, quelle posteriori, insieme alla coda, per cambiare la direzione (esattamente come i pesci). Quando nuota, lo fa ad occhi chiusi: in ogni caso ha un campo visivo molto limitato a causa della posizione dell’occhio. Passa molto tempo in acqua ed è un ottimo nuotatore. Ma quando è fuori dall’acqua il suo movimento è quello tipico del rettile;

- l’impedimento dell’uso della vista viene rimpiazzato dall’elettrolocazione, cioè dalla capacità di individuare la direzione delle sorgenti di segnali elettrici, capacità presente quasi esclusivamente nei pesci, ma che nell’Ornitorinco assume elevatissima qualità perché il becco è dotato di quasi 40.000 elettrorecettori. E’ probabile che tali segnali elettrici vengano combinati con i segnali tattili che provengono dal becco, consentendo ad un animale ipovedente, e che comunque caccia solo di notte, di identificare le prede (i cui segnali elettrici derivano dalla contrattura dei muscoli) e gli ostacoli;

- a differenza degli altri monotremi (echidne) l’Ornitorinco è omotermo, cioè mantiene la temperatura corporea (32°C) anche se è tendenzialmente più bassa di quella di mammiferi (nb: i rettili, i pesci e gli anfibi, che condividono con l’Ornitorinco alcune caratteristiche, sono invece “a sangue freddo” ovvero ectotermici, cioè la loro temperatura corporea dipende dall’ambiente in cui si trovano a vivere). I biologi interpretano la bassa ma costante temperatura corporea dell’Ornitorinco come tentativo dell’evoluzione verso la ricerca della temperatura ottimale dei mammiferi;

- l’Ornitorinco è velenoso: il maschio possiede, in ciascuna delle due zampe posteriori, uno sperone che inietta un veleno, letale solo per piccole prede. La capacità di secernere il veleno è praticamente assente nei mammiferi moderni: potrebbe essere una di quelle caratteristiche che sono andate perse nel corso dell’evoluzione per venir rimpiazzate da tecniche di difesa (e predazione) più efficienti, basate sul movimento. Non è noto alcun antidoto per il veleno dell’Ornitorinco, che ha recentemente risvegliato interesse per una sua presunta proprietà nella cura del diabete umano**;

- l’Ornitorinco ha 10 cromosomi sessuali, con rarissime eccezioni, tutti gli altri mammiferi ne hanno due;

- la pelliccia dell’Ornitorinco è fluorescente: si illumina di colore verde-blu quando sottoposta a una fonte di luce ultravioletta. Anche questa è una caratteristica praticamente assente tra i mammiferi, ma presente in altri animali.

Si direbbe che, nel mettere a punto l’Ornitorinco, la Natura abbia voluto provare a creare un organismo totalmente nuovo, pescando qua e là tra le specie disponibili all’epoca (250 milioni di anni or sono) i “pezzi” di un animale che sarebbe potuto diventare un essere vincente: l’esperimento è avvenuto nell’Antartide, le cui caratteristiche (bassa temperatura e lunghi periodi di oscurità) ben si conformano ai Monotremi, che conobbero durante il Cretaceo una forte espansione, riversandosi in Sudamerica e Australia (a quell’epoca contigue all’Antartide). Ma, come spesso succede, Madre Natura è stato sconfitta***: l’Ornitorinco (e in generale i monotremi) si rivelarono troppo lenti ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche rimanendo confinati nei loro habitat attuali, dove avevano pochi nemici. Le sue stranezze gli sono valse una citazione nel film Dogma (1999) del regista Kevin Smith, nei cui titoli di testa sta scritto che l’esistenza dell’Ornitorinco è una prova dell’umorismo di Dio.

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* includiamo in questo gruppo anche i mammiferi marsupiali, come i canguri, benché la loro placenta sia poco efficiente. Si presume che la linea evolutiva che ha separato i rettili dai mammiferi sia stata attivata circo 300 milioni di anni or sono. Passano altri 80 milioni di anni e dalla linea dei mammiferi si distacca quella dei Monotremi, Passano ancora altri 80 milioni di anni e i mammiferi marsupiali si distaccano dai mammiferi placentati
** oltre al veleno sono di interesse sanitario anche diverse proteine presenti nell’organismo dell’Ornitorinco, che possiedono  forti capacità antibatteriche
*** a Gaia piace improvvisare, così spesso finisce in un vicolo cieco. All’Ornitorinco è andata bene, la specie c’è ancora, in altri casi è andata male, si pensi ai dinosauri. Gaia non si preoccupa: ha miliardi di anni davanti a sé per riprovare. Il che dovrebbe farci riflettere sul vero significato della lotta per difendere la biodiversità: non è una lotta per la difesa degli animali (e delle piante), che Gaia può rimpiazzare come e quando vuole, ma per conservare un ambiente a misura d’uomo

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