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sabato 31 dicembre 2022

Il calendario di gennaio 2023

Il problema della coscienza

Durante l'anno scorso abbiamo affrontato nei nostri calendari alcuni temi di largo respiro che, a nostro parere, non dovrebbero essere ignorati dagli amici della natura e dell'ambiente. In particolare abbiamo dedicato il calendario di aprile a un modesto tentativo di rispondere alla domanda "Che cos'è la Vita?" e quello di maggio al fallimento dell'obiettivo di produrre esseri viventi a partire dalla materia inanimata. Poi, in settembre, ci siamo avvicinati a una presunta forma di vita molto più organizzata e complessa di quella che ci si presenta nella quotidianità: l'ipotesi Gaia postula che il nostro Pianeta sia un unico enorme organismo vivente consapevole di sé e come tale dotato di volontà.

Chi ricordi o voglia rileggersi questi calendari potrà scoprire che un elemento comune a tutti loro è l'emergere di un conflitto tra due grandi teorie filosofiche: (1) il materialismo scientifico, che sostiene che anche i fenomeni vitali sono riducibili a sequenze di eventi di carattere chimico e fisico e (2) svariate forme di finalismo, che hanno in comune l'ipotesi che la Vita sia un fenomeno qualitativamente diverso da tutti, inspiegato e inspiegabile con gli attuali strumenti delle scienze naturali (sia ben chiaro: non per questo originato da una qualche forma di divinità).

Benché ancora in numero limitato, sono sempre più numerosi gli scienziati che riconoscono i limiti della loro disciplina, aprendosi verso forme di conoscenza che superano il materialismo e sfociano in un'area che potremmo chiamare metafisica, dove la domanda fondamentale della scienza - come avvengono certi fenomeni? - viene accostata a quella, altrettanto fondamentale ma più antica - perché avvengono?

Un importante contributo a questo progressivo mutamento del punto di vista è imputabile alla rivoluzione della fisica occorsa nel '900, basata sui due grandi pilastri della relatività e della meccanica quantistica, le due teorie che hanno dimostrato che "la realtà non è come ci appare", per parafrasare il titolo di un celebre libro del fisico Carlo Rovelli. Un terzo contributo all'allargamento delle metodiche della ricerca è il crescente interesse per le neuroscienze, che ripropongono in termini contemporanei le domande che il genere homo (e forse anche altre specie) si sono poste fino dall'antichità: perché io so di essere io? ovvero che cos'è la mia consapevolezza, la mia coscienza di essere? Non è un caso che tali domande riemergano simultaneamente in questo momento della vicenda umana in cui si comincia a parlare di intelligenza artificiale e a paventare il rischio che possa in qualche modo compromettere il futuro della nostra specie (si veda il calendario di luglio 2022).

L'obiettivo di questo commento non è certo quello di rispondere alla domanda precedente, ma almeno di fotografarne lo "stato dell'arte".

Wikipedia conclude la voce "coscienza" con un'affermazione perentoria: "Al 2022 non esiste prova che la coscienza possa essere l'effetto di un processo fisico e in particolare cerebrale o neuronale". Per questa ragione non pochi ricercatori, e tra essi anche alcuni che hanno tentato di riprodurre la vita in laboratorio, hanno abbandonato la tesi classica secondo la quale la coscienza è un prodotto "meccanico" dell'evoluzione, una risposta che l'organismo deve necessariamente dare all'ambiente se vuole sopravvivere e riprodursi. La motivazione di questo cambiamento di rotta è in fondo del tutto banale: a mano a mano che la conoscenza della biologia si espande si palesa l'incredibile complessità dell'essere vivente. Si tratta di un primo passo assolutamente non risolutivo, perché nulla dice sulla natura della coscienza, se non riconoscerne la difficoltà (o l'impossibilità) di ridurla a processi biochimici. Tuttavia già a questo punto emerge un risultato confortante: un elaboratore, un robot, una intelligenza artificiale è certamente in grado di riconoscere il colore rosso o il profumo di una rosa, elaborando i segnali che percepisce con le sue interfacce, ma non potrà mai sviluppare i sentimenti che tale conoscenza ispira a un essere animato. In altre parole la capacità di "pensare a sé stesso pensante", per parafrasare Aristotele, che considera questa capacità tipica della divinità, resta estranea all'elaborazione elettronica (quindi le intelligenze artificiali del futuro potranno essere anche malevoli ma resteranno subumane).

In secondo luogo occorre sottolineare una nascente concordanza di opinioni tra i ricercatori sul fatto che i processi della coscienza, qualsiasi siano, avvengono in un contesto di natura quantistica. Un'idea che assume concretezza* nel 1987 quando Stuart Hameroff, medico e professore all'università dell'Arizona, individua nella complessità delle funzioni dei microtuboli** cerebrali una possibile sorgente della coscienza (la coscienza cellulare, non ancora quella più vasta come si intende nell'uso comune). Due anni dopo il celebre fisico Roger Penrose, premio Nobel 2020, partendo da considerazioni di natura squisitamente matematica (i teoremi di incompletezza di Kurt Godel, che forniscono una base formale all'impossibilità di coscienza di qualunque intelligenza artificiale) allarga questa tesi a tutto il processo cosciente, sostenendo che la sede della coscienza sono i microtuboli interni ai neuroni. Al di là delle critiche che sono state apportate a questa teoria (nota come Orch-Or: ORCHestrated Objective Reduction), che hanno condotto altri ricercatori perfino a parlare di misticismo quantico, c'è da chiedersi perché la meccanica quantistica sembra essere la disciplina più consona ad esplorare la sfera dell'origine della coscienza.

In effetti la fisica quantistica ha sconvolto le basi della nostra conoscenza della realtà. Se prima di essa era evidente che esistevano delle cose che potevano essere osservate dall'esterno, nella fisica quantistica non è possibile separare l'osservatore dal fenomeno osservato; non solo: l'osservazione in un certo senso, "danneggia" l'oggetto osservato, che perde la sua caratteristica di essere probabile per acquistare una sorta di materialità (tecnicamente si dice che la funzione d'onda, ovvero la probabilità che l'oggetto sia in un certo stato, collassa, perde la sua potenzialità, per diventare proprio "quella cosa che adesso è lì"***). In più nel mondo quantistico vige il principio di non-località, ovvero oggetti lontani nello spazio possono influenzarsi vicendevolmente in modo immediato, in contrasto con l'ipotesi che la velocità della luce costituisca il limite superiore al trasferimento di qualunque informazione (è il cosiddetto entanglement, che fece girare le scatole ad Einstein per molti anni, ma la cui esistenza è ampiamente dimostrata in via sperimentale, tant'è che è alla base dello sviluppo del nascente calcolatore quantistico). Un tratto fondamentale della meccanica quantistica è la libertà: nell'idea di fondo che anima la fisica classica l'universo appare deterministico, ovvero ogni cosa che accade, dal movimento di una singola particella a quello di una galassia alle parole che sto scrivendo era già scritto nel Big Bang, con buona pace del libero arbitrio; viceversa, nell'ottica quantistica, è proprio il mio atto volontario di osservare il mondo che mi consente di decidere una realtà veramente nuova, facendola emergere tra le infinite possibili. Il libero arbitrio (e le sue inevitabili conseguenze) recuperano la loro dignità.

In realtà l'utilizzo della meccanica quantistica per "spiegare" la coscienza sembra essere dovuto al fatto che la meccanica quantistica ha l'ambizione di rendere comprensibile tutta la realtà e quindi anche quella parte di essa, come la natura della coscienza, che sembra sfuggire a qualunque spiegazione della fisica e della biologia classiche. In altre parole possiamo affermare che, a tutt'oggi, nessuna vera soluzione ci è stata offerta, ma si è riaperto un campo di ricerca quanto mai classico, perché il problema di cosa significhi "pensare a sé stesso pensante" risale alla classicità greca, transita attraverso tutte le epoche e giunge a noi in qualche modo rinnovato e ammantato di un nuovo fascino.

Una soluzione ci sarebbe, ed è quella che - per esclusione - viene proposta dal fisico Federico Faggin (uno che la sa lunga: è l'inventore del microprocessore) che nel suo ultimo libro "Irriducibile", del 2022, integrando la teoria dell'informazione nella meccanica quantistica conclude che "la coscienza deve essere una proprietà irriducibile delle 'particelle elementari' di cui tutto è fatto, ... una proprietà che non deriva da proprietà più semplici. Se le cose stanno così, tutto nell'universo deve allora essere cosciente", ovvero recupera, in modo elegante e sviluppando una vera e propria teoria della seità, l'antichissima idea panpsichista, cara a Platone, Giordano Bruno, Leibnitz e a infiniti altri filosofi, secondo la quale tutti gli esseri, anche quelli non viventi, sanno di essere, ovvero possiedono coscienza. Un corollario fondamentale e di non poco conforto è che la coscienza di ognuno di noi, quella che una volta si sarebbe chiamata "anima", così come gli altri campi di forza e la materia, è immortale.

Ci sembra che questa conclusione possa suonare di ottimo auspicio per il nascente 2023.

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* paradossalmente si tratta di un'idea che precede la fondazione della meccanica quantistica. Ludwig Boltzmann la elaborò verso la fine dell'800, ipotizzando che un evento casuale potesse avvenire (molto molto raramente!) in deroga alla normale dinamica entropica. Nel 2007 Mason Inman sostituì alla fluttuazione dell'entropia una possibile fluttuazione del vuoto quantistico (una fluttuazione non diversa da quella che ha dato origine al Big Bang). L'ipotesi è stata duramente criticata, ma In onore di Boltzmann le eventuali entità coscienti che circolano nell'universo sono tuttora chiamate "cervelli di Boltzmann". Tuttavia già a partire dagli anni '30 del secolo scorso, quindi proprio a ridosso della nascita della meccanica quantistica, molti ricercatori si impegnarono nel tentativo di interpretare la coscienza come fenomeno quantistico. Si tratta di ipotesi quanto mai affascinanti: un excursus storico di facile lettura, esteso fino al 2000, si trova in allegato al calendario. Per il periodo successivo si consiglia la lettura del volume "Irriducibile" di Federico Faggin, che espone anche un'ampia bibliografia
** i microtuboli o tuboline sono costituenti interni delle cellule. Si tratta di piccoli tubi (quindi cavi) di proteine relativamente rigidi con un diametro esterno di circa 25 nm. che portano vari contributi alla vita cellulare, quali il trasferimento di materiali all'interno della cellula, la ripartizione dei cromosomi nella divisione cellulare, il mantenimento della forma geometrica della cellula
*** già nel 1930 questo comportamento, noto come "modello di Copenhagen" portava a ipotizzare che la realtà non esiste prima dell'osservazione e quindi è determinata dalla misurazione. La citazione che intesta il calendario di questo mese fa riferimento a questa linea di pensiero

nell'immagine:
Joos de Momper - Paesaggio antropomorfico, allegoria dell'estate, ca 1620
Un quadro che rende l'idea della coscienza di tutta la Natura

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