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domenica 30 aprile 2023

Il calendario di maggio 2023

L'orso tra realtà e mito

Pochi giorni or sono stampa, TV, siti Internet, blog e tutti gli altri canali di informazione sono stati saturati dalla notizia dell’incidente di Caldes in Val di Sole nel quale un giovane sportivo è stato aggredito e ucciso da un’orsa. Gran parte della popolazione ha scoperto che accanto agli orsi dei fumetti, agli orsacchiotti di peluche, agli orsi bianchi in presunta via di estinzione* che la TV ci propina, in Italia vivono orsi veri. Il cordoglio per la tragica morte del giovane è stato forte e unanime (e Cometa lo condivide) ma rapidamente l’attenzione dei cittadini si è spostata  sul colpevole e sulla sua sorte, dimostrando maturità e sensibilità, se è vero - come appurato dai sondaggi - che la massima parte della popolazione (tra cui anche i familiari della vittima) ritiene assurdo il provvedimento di abbattimento che il presidente della provincia autonoma di Trento** ha immediatamente promulgato (ventilando anche l’allontanamento di gran parte degli orsi trentini). Come c’era da aspettarsi i tuttologi dei media sono balzati sul carro dell’orso, e da esperti di covid, di MES, di criminologia si sono riciclati come espertissimi di orsi, cuccioli d’orso e madri di orsi.

Tuttavia ben pochi tra gli opinionisti si sono resi conto dell’esistenza, dietro ai fatti, di una incongruenza culturale: ogni giorno 8 persone muoiono in incidenti d’auto, ogni settimana 12 persone muoiono sul lavoro, l’ormai sparuto gruppo di cacciatori ha ammazzato 20 persone solo nell’ultima stagione, ogni stagione invernale 21 persone muoiono a causa di valanghe, i decessi da malore improvviso “senza correlazione” si contano a decine, tra il 1984 e il 2009 (unico dato accertato disponibile) i nostri amici cani hanno fatto 32 vittime (nb: tutti i dati sono riferiti all’Italia). Tuttavia queste morti vengono relegate tra le notizie marginali, sembrano rientrare nella consapevolezza che vivere è pericoloso. Cosa c’è dunque di diverso nell’incidente di Caldes? forse il fatto che si tratta della prima aggressione mortale di un orso***? forse il fatto che l’aggressore corre il rischio di perdere la vita come la sua vittima, ma per pura crudeltà umana? Certamente sì, ma si intuisce anche una ragione diversa, più profonda, figlia di una società che ha la pretesa di proteggerci da tutto, di “non lasciare indietro nessuno”, che vuole eliminare le energie inquinanti, che ci costringe all’assunzione di vaccini, che spende i nostri soldi in armi per difendere la democrazia dall’orso (nomen omen) russo, che esige una decrescita felice, che vuole transitarci in una nuova arcadia dove dimenticheremo il passato e la vergogna della nostra storia. Ma ecco che improvvisamente nel civilissimo Trentino si scopre un ribelle, un assassino anarchico che non rispetta nessuna delle nostre buone regole. Orrore: questa Natura che tutti noi dobbiamo mantenere incontaminata perché “lo vuole l’Europa” ci ricambia con un vile assassinio! la Natura, cui dovremo riconoscere il primato della bontà contrapposta alla intrinseca malvagità umana, può uccidere. E’ una morte inaccettabile, quella del giovane di Caldes, non tanto perché unica quanto perché fuori dallo schema secondo il quale solo l’uomo (al più il suo cane) oppure un meccanismo senz’anima come la valanga può uccidere, ma certamente non un essere che abbiamo da sempre considerato un compagno amichevole e rassicurante.

E’ doloroso scoprire che Yoghi, Winnie the Pooh e gli orsacchiotti che non pochi tra noi si sono portati a letto, così come i sofferenti orsi polari del WWF non sono gli amabili animali della retorica del volemose ben, ma esseri giganteschi che pesano mezza tonnellata, che possono arrivare a tre metri di lunghezza e che nonostante le enormi dimensioni possono correrti dietro a lungo a 50 km all’ora (e se tu vuoi scappare, anche se sei il maggior velocista del mondo, non riesci a superare i 40, ma solo sullo spunto; da cui il saggio consiglio della poetessa Margaret Atwood: “Il modo migliore per essere gentili con gli orsi è di non stargli molto vicino”).

Peraltro una certa ambiguità nella percezione dell’orso non è solo dei contemporanei.

Come per tutti i grandi animali che suscitano ammirazione e timore, il mito (e con esso la contraddizione) si prolunga dall’antichità ai nostri giorni, a cominciare da nomi di luoghi (Berna deriva da Bär, ovvero orso in lingua tedesca), di persone (in Italia circa 400 persone hanno nome proprio Orso, ma ben 40000 si chiamano Arturo, dal greco árktos, che significa orso), ma soprattutto di eroi (Re Artù valga per tutti) e di divinità (Artemide, già Artio, la dea orso delle culture matriarcali, le cui sacerdotesse erano talvolta soprannominate orsette). Le feste e i riti legati all’orso erano abbondanti nell’antichità precristiana e permangono tuttora nella versione edulcorata di sagre popolari. Se poi vogliamo allontanarci dal Mediterraneo, l’orso e la sua memoria la fa da padrone in Scandinavia, in Siberia, tra i nativi americani, i giapponesi e un po’ ovunque il nostro vive o ha vissuto.

Ma ecco le ambiguità: (1) il più grande predatore terrestre cade in letargo, forza e minaccia vengono temporaneamente meno, l’orso muore ma poi resuscita secondo un ciclo che abbraccia tutte le realtà contadine; (2) la femmina dell’orso è una madre amorevole, disposta a tutto per difendere i suoi cuccioli, che accudisce per anni (mentre il padre spesso abbandona moglie e prole, per tornare alla sua vita solitaria di vero guerriero). Il letargo dell’orso lo conduce alla valenza dei cicli stagionali, di cui diventa protettore; la tenerezza dell’orsa ne fa una nutrice (Priamo, tre di Troia, ordina l’uccisione del figlio Paride, ma un’orsa lo salva). Tuttavia Artemide, la dea orso, è uterina, di mobili opinioni, è Selene (la luna piena) ma anche Ecate (la luna calante, signora dell’oscurità).

Chi pensa che la cancel culture sia un fenomeno moderno, un pezzo del disegno del Nuovo Ordine Mondiale, non conosce l’indefesso lavoro del Cristianesimo medioevale, rivolto a sopprimere e mistificare qualunque ricordo delle fedi precedenti. L’orso, troppo presente nel mito e nella cultura popolare, ne fa le spese, da possente eroe diventa il sacello di tutti i mali****: è troppo simile all’uomo, troppi sono i regnanti che si vantano di essere “figlio dell’orso”, se è un uomo è troppo irsuto, non può essere che una personificazione del demonio (ed infatti gli attribuiranno tre peccati capitali: ira, pigrizia e gola. Un quarto, la lussuria, lo riserveranno per le orse, che copulano vis à vis e concepiscono creature senza peli e senza occhi). Ma la Chiesa non può condannare nessuno per sempre: verso la fine del XII secolo allo studio di Platone si sostituisce quello di Aristotele, e Aristotele (ma anche Plinio) lodano la femmina dell’orso per le sue doti materne; e di colpo ci si ricorda anche che Sant’Armando e Sant’Eligio avevano addomesticato un orso, rendendolo loro servitore. La Chiesa perdona l’orso; nel frattempo cominciano a girare per i borghi giullari che fanno danzare orsi incatenati per il divertimento della plebe: il grande e potente eroe, diventato demonio e ridiventato servo dell’uomo si incammina sulla strada al termine della quale c’è l’orso Yoghi, c’è il peluche, dopo il danno c’è la beffa. Un percorso che abbiamo cercato di documentare sommariamente nel calendario di questo mese.

Cometa rinnova le condoglianze dell’Associazione alla famiglia del giovane e spera che a un crimine non voluto non si aggiunga una sanguinosa quanto inutile vendetta.

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* la solita bufala: se esiste un rischio per l’orso bianco, questo è la caccia, ancora ampiamente praticata, ma soprattutto l’insediamento nell’Artico di un numero sempre maggiore di imprese estrattive. L’orso polare è un ottimo nuotatore, e il ritiro del ghiaccio - se mai ci fosse - gioca a suo favore perché consente l’estensione e un più facile accesso ai territori di caccia. Purtroppo il pensiero politicamente corretto sostiene, contro ogni evidenza scientifica, che l’orso polare è in estinzione a causa del riscaldamento, ovvero della malvagissima CO2, cui le attività umane contribuiscono con una quota minima. Così il WWF può chiedere una somma da 30 a 125 euro a chiunque voglia adottare un orso polare (cosa significhi adottare un orso polare occorre chiederlo al WWF)

** il leghista Fugatti è il tipico politico di basso rango e memoria corta. Vale la pena di ricordare - o ricordargli - che, a quanto riportano le cronache, nel 2014, quando si trovava all’opposizione, inveì contro l’abbattimento dell’orsa Daniza perché avrebbe portato discredito alla provincia. Tuttavia qualche anno prima, come testimoniato da un volantino (Internet non dimentica!) il Fugatti aveva partecipato a un barbecue della Lega a base di carne d’orso, che fu interrotto dall’intervento dei Carabinieri

*** quella di Caldes è la prima aggressione mortale che si verifica in Italia. In generale la soluzione cui ricorre l’orso disturbato è la fuga, ma non sempre: nel Nordamerica, dove la popolazione di Ursus arctos (come JJ4) è dell’ordine di decine di migliaia di individui, si osserva una media di due attacchi fatali all’anno, in Scandinavia solo quattro umani sono stati uccisi da orsi durante gli ultimi 100 anni. Praticamente in tutti i casi l’aggressione è dovuta a femmine accompagnate da cuccioli

**** è interessante, e poco studiato, il processo di sostituzione che la Chiesa ha operato tra l’VIII e il XIII secolo, svilendo e demonizzando l’orso a favore della scelta del leone come icona dell’eroe

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