Il calendario di maggio 2023
La coscienza degli animali
Esiste un documento di cui si parla raramente, forse a causa del suo valore dirompente. Si tratta della Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza, sottoscritta il 7 luglio 2012 da un gruppo di neuroscienziati, alla presenza del fisico Stephen Hawking.
Tale Dichiarazione, che conclude con l'equiparazione della coscienza degli animali non umani con quella degli umani*, prende le sue mosse da evidenze rigorosamente scientifiche. E' chiaro a chiunque che una simile asserzione implica rilevanti conseguenze sul piano dell'etica (e del diritto, che dovrebbe essere la codificazione dell'etica). Tuttavia ci sono voluti quasi dieci anni perché le valutazioni "tecniche" contenute nella Dichiarazione di Cambridge venissero rielaborate e fatte proprie da parte di un gruppo di ricercatori umanistici che, in occasione del Word Animal Day del 4 ottobre 2022, hanno rilasciato un documento (noto come Dichiarazione di Montréal sullo sfruttamento degli animali) i cui sottoscrittori (560 provenienti da 39 Paesi diversi, tra cui l'Italia) ammettono di aver superato le differenze delle loro varie posizioni filosofiche e politiche (e, presumibilmente, religiose) ma "concordiamo, tuttavia, sulla necessità di una profonda trasformazione delle nostre relazioni con gli altri animali. Condanniamo le pratiche che comportano il trattamento degli animali come oggetti o merci. Nella misura in cui comporta violenza e danni inutili, dichiariamo che lo sfruttamento degli animali è ingiusto e moralmente indifendibile”. Nella chiusa gli stessi sottoscrittori si mostrano peraltro piuttosto scettici sull'attuazione pratica del loro documento: "Non ci facciamo illusioni: un simile progetto non si realizzerà a breve termine. In particolare, richiede la rinuncia a radicate abitudini speciste e la trasformazione radicale di numerose istituzioni. Crediamo però che la fine dello sfruttamento animale sia l'unico orizzonte condiviso che sia realistico e giusto per i non umani".
Sul piano giuridico la conseguenza fondamentale di queste prese di posizione consiste nel definire gli animali come entità distinte dalle cose (in gergo: dereificazione), ma non tutti i Paesi hanno provveduto a riconoscere - entro i propri sistemi di leggi - gli animali quali esseri senzienti (fanno eccezione Cechia, Francia, Portogallo, Belgio e Spagna). In Italia la situazione è simultaneamente un po' più matura e un po' più arretrata che altrove: matura perché la legge costituzionale 1/2022 introduce la tutela degli animali nella Costituzione (precisamente nella sezione dei Principi Fondamentali, quindi individuata come valore fondante**), arretrata perché ignora la dizione "esseri senzienti". In ogni caso anche in Italia l'animale non potrà più essere considerato "una cosa”, e già alcune sentenze ne hanno tenuto conto, ma occorrerà attenere le opportune riforme dei codici per capire appieno come il nostro Paese si comporterà in materia. E' motivo d'interesse il fatto che - nonostante la debolezza del nuovo enunciato costituzionale - la tutela degli animali appaia come comma separato dalla tutela della biodiversità, che può essere interpretata come generica tutela delle specie animali, e porta l'attenzione sulla difesa del singolo soggetto animale, cioè non "del cane" o "dell'orso", ma di quello specifico cane, di quello specifico orso.
Abbandonando le considerazioni di carattere giuridico occorre riconoscere l'esistenza di un fantasma che si nasconde dietro alla nuova ideologia emergente. Si tratta di una domanda che perseguita la nostra cultura dall'antichità: chi è l'uomo? come e perché si distingue dagli animali, soprattutto adesso che comincia a riconoscere loro pari dignità? In verità, a mano a mano che le conoscenze neurologiche e le osservazioni etologiche si sviluppano scopriamo che quelle che una volta erano ritenute le caratteristiche differenzianti della specie homo vengono progressivamente meno: gli animali possiedono un proprio vocabolario, sono in grado di apprendere e di insegnare, comprendono i concetti di premio e punizione, sono in grado di sviluppare progetti e perfino di costruire utensili e di operare in gruppo per realizzare un obiettivo, sanno orientarsi nel loro ambiente meglio di quanto facciano gli umani, provano affetto, simpatie e antipatie esattamente come l'uomo, sognano, hanno valori morali (molte specie adottano i piccoli orfani, altre rivelano forti capacità altruistiche), sono curiosi (si pensi ai lupi, ai leoni che hanno lasciato il brano, ai corvi), sviluppano pensieri astratti (da cui la capacità di saper contare), possiedono sensibilità estetica***. Anche il senso della morte, che potrebbe essere ritenuto un elemento caratteristico della sola cultura umana, è evidente in varie specie (gli elefanti organizzano dei veri e propri rituali funebri per la dipartita di un conspecifico, altri animali si limitano a comportamenti di lutto per la perdita di un membro della famiglia).
Al di là delle infinite esemplificazioni, si può affermare che ogni abilità dell'uomo è presente (in misura spesso minore ma talvolta maggiore) negli animali. Obiezione: manca la scrittura e con essa la capacità di memorizzare eventi collettivi, non riferiti al singolo individuo. Verissimo, ma homo ha prosperato per decine di migliaia di anni senza saper scrivere; quanto alla incapacità di patrimonializzare le esperienze, teniamo presente che dentro ciascun animale permane la filogenesi, stampata nei geni. L'appartenenza alla specie, e quindi la consapevolezza del possesso di informazioni storiche, risponde anche a una domanda critica: appurato che l'Io esiste come coscienza individuale (è questo il punto fondamentale della Dichiarazione di Cambridge) gli animali possiedono una struttura psichica affine a quella dell'essere umano? c'è spazio per l'inconscio, per l'Es? in effetti moltissime specie presentano una forte tendenza sociale, e mostrano di tollerare ampiamente comportamenti che riterrebbero aggressivi, e ai quali reagirebbero, se praticati da soggetti conspecifici ma esterni al branco. Esattamente come nell'uomo la necessità sociale sembra avvolgere l'aggressività istintiva in una cappa tesa alla conservazione dei valori etici. Probabilmente si tratta di un'area tutta da approfondire.
L'unico elemento che, forse, differenzia realmente l'animale uomo dai suoi colleghi è la limitata specializzazione del corpo: tutti gli animali (e le piante) che conosciamo hanno una morfologia dipendente dall'ambiente in cui essi vivono, l'evoluzione - ovvero la necessità di sopravvivere come specie - ha portato allo sviluppo di organi particolari (zampe, branchie, capacità di secernere veleni, e così via) e in generale - come osservava Edward Cope già nel 1896 - l'evoluzione procede da forma generaliste a forme specializzate, contraddicendo il fatto che l'uomo appare meno specializzato delle scimmie antropomorfe dalle quali dovrebbe discendere****. E' un fatto di cui si erano già accorti i pensatori della Grecia: Aristotele risponde dicendo che l'anima è forma dell'uomo, e quindi le sue caratteristiche morfologiche sono "più deboli", perché la razionalità (che per lui coincide con l'anima) gli consente di vivere e adattarsi a molti ambienti diversi.
In realtà chiunque abbia avuto rapporti anche poco duraturi con un animale sa benissimo, ben al di là di qualunque documento ufficiale, che è dotato di coscienza e abilità.
E' tuttavia d'obbligo un avvertimento. Tutti noi che amiamo gli animali non possiamo che essere felici del progressivo riconoscimento che a essi viene tributato. Ma il potere ama le mistificazioni, adora intorbidare le acque, creare ponti laddove non ce ne possono essere: la nuova dignità degli animali, l'ampliamento della tribù degli esseri senzienti, ci verrà prima o poi rivenduta come di senso di colpa per non essere animali, come necessità di limitare la CO2, di contenere il consumo energetico, di sorvegliare i cicli climatici, di comprarci un'auto elettrica. Quindi, cari Amici, non dimentichiamo il Vangelo: "Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" (Matteo, 23, 24-30)
Nell’immagine:l’elefantino carezza la madre morta - fonte: Reuters
____________________________________
* il paragrafo conclusivo della Dichiarazione è il seguente: "L’assenza di una neocorteccia non sembra precludere ad un organismo l’esperienza di stati affettivi. Prove convergenti indicano che animali non-umani possiedono i substrati neuroanatomici, neurochimici e neurofisiologici degli stati consci assieme alla capacità di esibire comportamenti intenzionali. Conseguentemente, il peso delle prove indica che gli umani non sono unici nel possedere i substrati che generano la coscienza. Gli animali non-umani, inclusi tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, compresi i polpi, anch’essi possiedono tali substrati neurologici". Forse è stato questo linguaggio alquanto specialistico a frenare la diffusione della Dichiarazione al largo pubblico. Ancora prima della Dichiarazione di Cambridge, in uno dei trattati costitutivi dell'Unione Europea gli animali venivano definiti "esseri senzienti", senza ulteriori specificazioni di tale termine.
** dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, l'art. 9 della Costituzione ha assunto la forma seguente: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
*** al senso estetico degli animali è stato dedicato il calendario del maggio 2018
**** potremmo essere sull'orlo di una profonda modifica delle credenze scientifiche sull'origine dell'uomo: I piccoli di alcune scimmie antropomorfe possiedono caratteri (tipicamente la forma del cranio) assimilabili a quelli dell'uomo, che vengono progressivamente perduti con la crescita dell'animale. Chi volesse saperne di più può leggere i testi del biologo (ma anche zoologo, geologo, storico e scrittore) Stephen Jay Gould (1941-2002) noto soprattutto per aver integrato nel darwinismo la teoria degli equilibri punteggiati |