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martedì 31 ottobre 2023

Il calendario di novembre 2023

Rappresentazioni del Serpente

l primo essere vivente a intervenire in prima persona nella Bibbia è il serpente: nei primi due capitoli della Genesi è solo Dio a parlare (più che altro dà ordini al cosmo in corso di creazione e si compiace del risultato), ma ecco che improvvisamente entra in scena un comprimario che non si fa gli affari suoi; infatti chiede ad Eva «E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?» (Genesi, 3, 1)*. La poveretta, che è ingenua, senza esperienza delle cose del mondo, si lascia coinvolgere in una dialettica di basso livello che avrebbe segnato il destino dell’uomo e procurato un danno d’immagine perpetuo al povero serpente, perché l’anatema che Dio gli scaglia è piuttosto pesante:

«Poiché hai fatto questo,

maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa

e tu le insidierai il calcagno.» (Genesi, 3, 14-15)

E’ pur vero che il serpente è citato altre 40 volte nel Vecchio Testamento e 17 volte nel Nuovo, e non sempre come essere maligno (Mosè, ad esempio, utilizza una sagoma di serpente di rame come strumento di guarigione (Num, 21, 7-9), ma ormai la maledizione è stata lanciata, e c’è perfino chi la amplifica, come Giovanni che nell’Apocalisse identifica il serpente col male assoluto: «il serpente antico, che è diavolo e il Satana» (Apocalisse, 20, 2).

Sta di fatto che la maledizione biblica riconosce un rapporto indissolubile tra due dei primissimi esseri creati: la Donna e il Serpente, un rapporto che si propaga a tutta l’arte sacra cristiana, dove, da un certo momento in poi, Eva, vittima del raggiro, viene rimpiazzata dalla Madonna che, calpestando il serpente, proprio come prefigurato nella Genesi, riscatta l’inganno.

In realtà la narrazione biblica è una ripresa tardiva (databile non prima del VI secolo a.C.) di miti mediterranei molto più antichi, imperniati sulla stretta relazione tra principio femminile (incarnato nei misterya delle divinità ctonie) ed energie naturali, delle quali il serpente è un testimone quanto mai ambivalente. Sono miti che nascono tutti dalla Grande Madre mediterranea e che prendono progressivamente forme diverse: Ishtar in Babilonia, Astarte tra i Fenici, Iside in Egitto, Afrodite in Grecia, Cibele in Grecia e a Roma e molte altre. Le rappresentazioni di queste divinità sono spesso accompagnate da animali, tra cui non mancano i serpenti. La grande novità della Bibbia è che il serpente si presenta come nemico e corruttore della donna**, mentre nella mitologia della Grande Madre assume valenza generalmente positiva: cambiando periodicamente la propria pelle è simbolo di vita eterna, di rinascita, del succedersi delle stagioni.

L’aspetto fondamentale del significato del serpente è la dualità: può essere velenoso ma il suo veleno può costituire un medicamento, vive nel buio sotterraneo ma emerge alla luce; ma è soprattutto il suo permanente forzoso contatto con la terra (e dunque con la madre di tutti noi) che lo rende un parente prossimo dell’uomo, magari non proprio un fratello ma certamente uno di quegli zii un po’ strani che si incontrano in tutte le famiglie.

D'altra parte il serpente ha tutte le caratteristiche fisiche per essere una superstar nello spettacolo che la natura offre all’uomo. A cominciare dalla forma, che è mutevole, ora rettilinea, ora incurvata a onde, ora a spirale, ora circolare (come nell’uroboro, il serpente che si morde la coda), e queste figure corrispondono a gesti elementari spontanei, imparentati con i mandala, con i labirinti, con alcuni dei disegni preinfantili resi celebri da Rhoda Kellogg; sono tutte dotate di risonanza intima. In più, la sagoma del serpente è facilmente riproducile e materializzabile: è più semplice da ritrarre di quella di un cavallo o di un leone, ben si adatta a farne manici per anfore, maniglie per porte, oggetti per adornare la persona (anelli. bracciali, fibule,…); è anche comoda da maneggiare: si può prendere in mano, infilare su un braccio o su un dito. Se a tutti questi elementi oggettivi aggiungiamo il portato simbolico, la stretta relazione con la madre terra, ecco che abbiamo un archetipo, ovvero una matrice riconoscibile nell’esperienza di ciascuno di noi.

Come tutti gli archetipi, l’immagine del serpente è diffusa universalmente, estesa a tutti i continenti e a tutte le epoche, pur assumendo forme specifiche nelle singole società di ogni tempo: ovunque il serpente sia vissuto ha lasciato una profonda traccia nella cultura e quindi nella produzione artistica. Senza volerci addentrare in continenti lontani (dove si aggirano serpenti kundalini, serpenti piumati, serpenti arcobaleno e tante altre manifestazioni del nostro amico) il calendario di questo mese intende rendere conto, per quanto in minima misura, della vastissima iconografia che l’area mediterranea gli ha dedicato.

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* nella Bibbia esiste solamente un’ altra citazione di animale parlante. Si tratta dell’asina dell’indovino Balaam che si lamenta con un angelo perché il suo padrone la percuote (Num, 22, 28-30)
** l’obiezione, che in epoca moderna riterremmo molto sensata, che il Serpente, inducendo Eva a disobbedire a Dio, ha di fatto accresciuto la ricchezza morale dell’uomo, consentendogli di distinguere il bene dal male e quindi amplificando il suo libero arbitrio, è tutt’altro che originale e costituisce il pilastro filosofico della setta gnostica degli Ofiti (il cui nome, per l’appunto, proviene dal greco ofis, serpente). Questi completavano il loro sistema di credenze identificando il serpente con Gesù Cristo, sceso dal cielo per liberare l’uomo dalla tirannia del Demiurgo. Narra Sant’Agostino che gli Ofiti allevavano i serpenti e li addestravano per toccare il pane, che veniva santificato dal loro contatto

nell’immagine: Uroboro che circonda il ritratto di Maria Cristina d'Austria, Antonio Canova, 1805

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