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domenica 31 marzo 2024

Il calendario di aprile 2024

Alberi sotto le stelle

Nel recente passato abbiamo già dedicato alcuni calendari alla vita delle piante (L’arte di invecchiare - febbraio 2020) e alla fotografia come strumento di rappresentazione artistica della natura.

Questi due temi si coniugano perfettamente nell’opera della fotografa americana Beth Moon.

Nata nel 1955 in Wisconsin, ha studiato belle arti e, anche se è ora è riconosciuta come uno dei più noti e qualificati maestri della fotografia, è un’autodidatta che ha scoperto lo fotocamera in modo indiretto: era proprietaria di un’azienda che produceva abiti da donna e a un certo punto, stanca (e forse insoddisfatta) dei fotografi di moda che doveva convocare  per realizzare il catalogo, decise di fare da sola. Si innamorò dello strumento e vendette l’azienda. Da allora, si era verso l’anno 2000, non ha fatto altro che girare per il mondo fotografando, soprattutto animali e piante. Un’attività che le è valsa il giudizio unanime della critica e del pubblico: ha esposto con successo in una quantità di mostre (anche in Italia), ha pubblicato alcuni libri, è presente in diversi musei, ha venduto un numero incredibile di copie delle sue immagini*.

In pochi anni, Beth Moon si è inserita con prepotenza nella grande tradizione della fotografia femminile americana, accanto a mostri sacri come Berenice Abbott, Diane Arbus, la recentemente scoperta Vivian Maier, Mary Ellen Mark, Annie Leibovitz e altre. Con le sue colleghe Beth Moon ha tratti in comune (ad esempio la predilezione per il bianco e nero) ma soprattutto differenze, perché ha sviluppato una tematica e uno stile assolutamente originali. Quasi tutti i suoi libri di hanno come tema la natura, ma sarebbe improprio dire che è una fotografa naturalista: nelle sue opere l’intento documentaristico è messo in ombra dalla poesia. Non si limita a mostrare al suo pubblico qualcosa che esiste e che è bello, ma qualcosa che ella ama intensamente. Le sue immagini che sembrano irreali sono invece realissime, nitide e concrete, ma sempre filtrate attraverso lo stupore e la poesia.

Il suo primo libro (Ancient Trees: Portraits of Time, 2014) è dedicato agli alberi secolari: sono immagini riprese in America, in Europa, in Africa con fotocamera analogica di medio formato e stampate in bianco e nero. Anche i successivi volumi, Literary Chickens, Baobab e la raccolta Between Earth and Sky privilegiano il bianco e nero. La stampa avviene sempre per contatto col processo al platino / palladio (la cosiddetta platinotipia**) su carta in cotone inumidita. Al di là del fatto che tale processo è l’unico che consente di ottenere una scala di tonalità estremamente estesa, la scelta tecnica operata da Beth Moon non è legata solo al fattore estetico ma a una precisa filosofia: le stampe che si ottengono hanno una durata di vita praticamente illimitata, che vuole confermare l’analogia tra l’immagine e l’oggetto, l’albero secolare. “Scegliendo un processo che garantisce la massima durata, spero di comunicare speranza, attingere ai temi del tempo e della permanenza, abbinando soggetto e processo”, scrive la stessa Beth Moon in Ancient Trees. Inoltre sia la tecnica di stampa che il supporto sono quanto mai antichi: la stampa al platino / palladio risale alla seconda metà dell’800 e la carta in cotone viene prodotta senza sostanziali modifiche dalla fine del XV secolo.

Tutto il procedimento, dalla ripresa alla stampa, è complesso, lungo (include fasi di prova-e-errore) e non poco costoso. Si tratta, come scrive il collezionista John Stevenson che da oltre 25 anni raccoglie stampe al platino di “processi nobili nell'era digitale”, che spostano l’attenzione del fruitore oltre l’occhio dell’artista, verso la sua mano, riproponendo la fotografia come ramo dell’arte pittorica. E’ una scelta certamente aristocratica, sia da parte dell’esecutore che da parte del collezionista, ma è soprattutto un modo di resistere alla massificazione dell’imaging resa possibile dalla fotografia digitale e soprattutto dallo smartphone.

E’ quindi chiaro perché, diversamente dai fotografi naturalisti, che sono concentrati sull’immagine tout court indipendentemente dal supporto, Beth Moon si concentra sul “prodotto finito”, ovvero sull’immagine stampata: la stampa non è solo un modo di esibire l’immagine, ma è fonte di valore aggiunto.

Tuttavia anche Beth Moon a un certo punto ha dovuto rinunciare alla fotocamera analogica e al bianco e nero. E’ successo quando è venuta a conoscenza di studi scientifici che dimostravano il collegamento tra la crescita degli alberi e la radiazione cosmica e l’influenza dei cicli orbitali della luna e degli altri pianeti sullo sviluppo dei germogli. Questo l’evento l’ha spinta a tornare a riprendere gli alberi secolari durante la notte, cosa resa possibile solo dalla fotocamera digitale, che consente sensibilità più elevate di qualunque pellicola e dunque tempi di esposizione abbastanza brevi - tipicamente 30 secondi - per non evidenziare il movimento delle stelle. Questa nuova esperienza ha portato alla luce la serie Diamond Nights, presentata dal calendario di questo mese.***

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* se è pur vero che il denaro non è la misura di tutte le cose, è comunque un indicatore del successo: il prezzo di una singola copia stampata in piccola serie supera spesso i 10,000 $

** per gli Amici appassionati di fotografia (e che dispongono di una camera oscura e di molto tempo) ecco una breve illustrazione del processo, premesso che la stampa al platino / palladio avviene solo per contatto, ovvero ponendo il negativo sulla carta sensibile.

Sono necessarie due azioni preliminari:
(1) poiché di solito si desidera che l’immagine stampata sia più grande di quella ripresa (le pellicole piane di grande formato non superano la dimensione di 20x25 cm.) si effettua una fase intermedia di ingrandimento, a cui si può comodamente dare corso col computer (un tempo veniva svolta anch’essa in camera oscura) passando il negativo originale allo scanner e da lì al computer per ottenerne una copia (il cosiddetto internegativo) delle dimensioni desiderate della stampa;
(2) è necessario preparare l’emulsione combinando in quantità opportune (stabilite per tentativi) platino, palladio e ossalato di ferro e spalmarla sulla carta (tipicamente una carta di cotone).

Una volta disponibile l’internegativo della dimensione voluta e l’emulsione, si procede alla stampa sovrapponendo il negativo alla carta spalmata di emulsione ed esponendo il toast alla luce (anche qui è necessario andare per tentativi: la qualità finale dipende dal flusso e dalla temperatura delle lampade nonché dalla durata dell’esposizione). La carta con l’immagine latente viene infine passata in un bagno di sviluppo, fissata e lavata in modo non dissimile da quanto si fa per le stampe analogiche tradizionali.

Benché il brevetto del processo al platino / palladio risalga al 1873 ancora oggi, a 150 anni di distanza, si ritiene che la stampa in bn al platino / palladio sia insuperabile da ogni altra tecnica. La maggior qualità rispetto alla stampa tradizionale agli alogenuri d’argento è dovuta al fatto che le particelle di platino (o palladio) si depongono direttamente sulla carta, mentre l’argento resta sospeso nell’emulsione (gelatina o albumina) degradando l’immagine

*** purtroppo la qualità delle immagini visibili nel calendario è molto più bassa, a causa della risoluzione imposta dal monitor, di quella degli originali

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