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lunedì 29 aprile 2024

Il calendario di maggio 2024

Il tradimento della Giornata della Terra

Il 22 aprile è stata la Giornata Mondiale della Terra, un rito che si ripete da oltre 50 anni in quasi tutti i paesi del mondo. Il suo obiettivo è di ricordare alla comunità umana la necessità di salvaguardare il nostro Pianeta. E’ la grande festa dell’Etica Ambientale.

L’etica, nata nell’antichità dal seno della cultura greca e dalle culture orientali (dove era strettamente connessa con la religione), ha come obiettivo di dirimere ciò che è bene da ciò che è male. Un compito assolutamente arduo, perché l’etica - a differenza di tutta la restante filosofia - non a che fare con la conoscenza ma con l’emozione e non conduce a scoperte ma (al più) a norme. Il bene e il male sono concetti fluidi, legati al contesto sociale, sicché l’etica è costretta a rinunciare alla scientificità e a intrecciarsi indissolubilmente con l’evoluzione della giustizia e del diritto*. Per questo l’etica resta questione di innato buonsenso, una sorta di religione non rivelata immanente a ciascuno di noi, come ammette perfino il laico Stefano Rodotà: “Ritengo che ci siano dei principi fondamentali che non possono essere negati da nessuna legislazione” (conversazione con Stefano Rodotà, 1999).

L’etica nasce e si sviluppa come strumento di gestione dei rapporti tra singoli uomini o tra gruppi di uomini. Per almeno tre millenni l’etica è rimasta essenzialmente antropocentrica. In un mondo in cui l’innovazione tecnologica era limitata, dovuta all’ingegno e non all’investimento economico, subito estendibile a tutta la comunità, l’etica rimaneva un criterio di scelta “qui e ora”: “Una condotta corretta aveva i suoi criteri immediati e il suo compimento era pressoché immediato. La lunga serie di conseguenze più remote era lasciata al caso, al destino o alla provvidenza” (Hans Jonas, Dalla fede antica all'uomo tecnologico. Saggi filosofici, 1973). E davvero, per molti e molti anni, fino alla rivoluzione industriale, le azioni che la specie umana ha svolto in seno alla natura sono state superficiali, prive di conseguenze significative: la terra, il mare, la natura erano percepite come eterne, feconde e inesauribili, parti di un ordine cosmico immutabile. “La vita dell'uomo oscillava tra ciò che perdura e ciò che muta: ciò che perdura era la natura e ciò che muta le sue opere” (Hans Jonas, op. cit.). La natura rimaneva un ambiente eticamente neutro in cui l’uomo era immerso e sul quale accampava dei diritti.

Al di là dei pochi filosofi che si sono occupati del rispetto della natura (e soprattutto degli animali)**, l’etica ambientale, quando ancora non si chiamava così, è rimasta antropocentrica, ovvero non più di una raccomandazione di rispettare la natura, col sottinteso che l’unica responsabilità che l’uomo può assumersi deriva ed è limitata ai soli interessi umani: poiché la natura è garante della nostra sopravvivenza abbiamo verso di essa un dovere indiretto, limitato ad assicurarsi che la Terra sia in grado di continuare a sostenere e rendere piacevole la vita umana. Una posizione utilitaristica, talvolta temperata da compassione verso i viventi non umani, caratteristica della religione cattolica nonostante le spinte panteiste che talvolta si manifestano nel corso dei secoli (Giordano Bruno, Baruch Spinoza, Leibnitz, molti artisti).

A riportare l’uomo al centro della natura, come parte di essa, è Charles Darwin nella seconda metà dell’800: se l’evoluzione ha portato alla formazione dell’essere umano a partire dagli organismi più antichi - come è implicito ne L’origine della specie e nelle altre opere di Darwin - allora la natura è l’elemento cardine di ogni forma di vita, compreso l'essere umano. Dopo Darwin, ormai siamo nel ‘900, l’interesse per la natura cresce rapidamente, favorito non solo dalle progressive scoperte della biologia ma anche dall’etologia di Konrad Lorenz, dalla sociobiologia e dalla neurologia, dall’esplorazione marina. Occorre tuttavia spettare fino al 1949 quando viene pubblicato postumo il saggio The Land Ethic dell’ecologo (e famoso cacciatore!***) statunitense Aldo Leopold che sostiene che l’etica è un processo in evoluzione: nella sua forma più primitiva regola i rapporti tra individui, successivamente i rapporti tra individui e società e deve ora approdare a un terzo stadio in cui stabilisce regola di convivenza tra esseri umani e natura, in base al principio che l’uomo è una parte di un insieme di parti interdipendenti. Nel 1962 la biologa marina Rachel Carson chiude il cerchio mostrando, nel suo libro Primavera silenziosa, un best seller ancora oggi, le conseguenze della mancanza di etica ambientale: “Le nostre azioni sconsiderate e distruttive entrano a far parte dei vasti cicli della Terra e con il tempo ci ritornano indietro, creando pericoli per noi stessi”****. La denuncia della Carson, specificamente diretta contro il DDT, è seguita da una molteplicità di pubblicazioni di scienziati americani sugli effetti distruttivi dello sfruttamento della natura, che la beat generation farà propri. Il 22 aprile 1970, su chiamata del senatore Gaylord Nelson, venti milioni di americani si mobilitano in una grande manifestazione che segna l’inizio delle Giornate della Terra. La pubblicazione del volume di Lovelock sull’ipotesi Gaia (cfr. calendario di settembre 2022) e un numero incredibile di libri, articoli, conferenze, film continuano ancora oggi ad ampliare progressivamente la sfera dell’etica ambientale.

L’etica ambientale degli anni ’70 nasce dal basso, propugnata da filosofi, ricercatori, artisti, intellettuali, gente comune e si diffonde rapidamente. Ci regala un momento in cui sembra che l’etica e la tecnologia si muovano di pari passo. Di più: un momento in cui la sfera dell’etica può allargarsi e mettere un freno alla tecnologia crescente. Sulle prime il potere reagisce: la Carlson (le cui idee non sono poi così estremiste) viene accusata di essere una dilettante, ai suoi epigoni tocca anche di peggio, ma nel ’72 il DDT viene messo al bando (in Italia nel 1978). Chi tiene le redini del mondo sembra concordare con le prospettive dell’etica ambientale: un fenomeno fatto apposta per ripulire le loro oscure coscienze.

Ma… (c’è sempre un ma):

Il vero potere, quello politico ed economico, non è coinvolto; governi, partiti politici, organizzazioni sovrastatali, circoli politici e culturali di alto livello sono solo sponsor. In quegli anni il vero potere è occupato in altre faccende: mentre si celebrano le giornate della Terra l’aviazione americana scarica tonnellate di defolianti sul Vietnam, le crisi energetiche si susseguono, infuria la guerra del Kippur subito seguita dalla guerra del Libano, l’URSS invade l’Afganistan, giusto per ricordare alcuni tra i fatti principali che certamente non hanno fatto bene né alla Terra né ai suoi abitanti.

Passa il tempo e le cose peggiorano:

Le giornate della Terra sono nate in un’area del mondo e in contesto di cultura rigorosamente capitalista, e il capitalismo (qui inteso non come il proprietario del mobilificio della Brianza, ma come le élite - multinazionali, fondi d’investimento, istituzioni bancarie, e così via) ha una marcia in più: essendo un’ideologia del tutto priva di etica (anche quella individuale, figuriamoci quella ambientale!) e con un solo unico obiettivo, l’accumulazione della ricchezza, non esita a cambiare bandiera, a sposare i suoi detrattori, ogni volta che può accrescere i propri guadagni. Oltre a questa strategia generale il capitalismo ha due potentissime armi tattiche: (1) la tecnologia moderna non è quella del medioevo, basata sull’inventiva del singolo e sviluppabile senza investimenti. E’ una tecnologia che richiede investimenti, disponibili solo con enormi somme alle spalle; (2) con queste somme si possono anche comprare tutti i mezzi d’informazione di massa, e quindi influenzare l’opinione della popolazione. Gli organismi sovranazionali, peraltro alimentate dalle stesse élite contribuiscono normativamente a fondare l’opinione del pubblico (chi sa che il DDT è rientrato in servizio? negli anni ’70 era mortale, nel 2006 l’OMS ha dichiarato che non comporta pericoli per la salute!).

Così, a mano a mano che ci si avvicina e si scavalca la fine del millennio, il vero potere si ricorda che anni prima qualcuno aveva parlato e scritto in difesa della Terra. E si pone una domanda: tutta questa chiacchiere da ecologisti anarcoidi e hippies potrebbe diventare un buon affare? certo, si risponde, se lo cavalchiamo bene la gente ci seguirà. Ecco che la green economy nasce dal seno dell’ecologia col compito di tradirla, un caso da manuale di eterogenesi dei fini. Guarda caso l’inquinamento, cioè le offese all’ambiente che sono sotto i nostri occhi ogni giorno ben più del fantasticato riscaldamento globale, è qualcosa di cui si parla ben poco.

E non solo:

Le èlite liberiste (adesso mascherate di socialismo progressista) includono anche soggetti neomalthusiani che pensano che il modo migliore per salvare il Pianeta sia quello di ridurre la popolazione (“Il nostro pianeta è stato progettato per tre milioni di persone” dice l’ex ministro Cingolani, ma negli USA c’è chi vorrebbe un Pianeta con poche centinaia di migliaia di abitanti). Da qui - sempre col beneplacito dell’ONU, dell’OMS, dell’IPCC, del G8 e degli altri enti intergovernativi - discendono il Covid e le annunziate prossime epidemie, i vaccini, le eterne quarantene, il diritto di abortire, la predilezione per tutti quei soggetti le cui abitudini sessuali non comportano nuove nascite.

Se vogliamo un mondo migliore, o se almeno vogliamo rallentare il disastro ecologico, è ciascuno di noi che deve impegnarsi nella quotidianità, dal potere verranno solo inutili celebrazioni di un’etica ambientale che non c’è.

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* a testimonianza di quanto sia vago il concetto di etica, occorre attendere tremila anni dalla sua prima enunciazione quando, nel 1903, George Edward Moore - sulla scia dell’idealismo logico-matematico di Russell, Frege e Wittgenstein - pubblicò i suoi Principia Ethica, il primo tentativo di rendere l’etica indipendente dalle singole strutture sociali. Un tentativo che comunque porta a una conclusione tautologica: il “buono” è indefinibile, è una proprietà non-naturale, esclusivamente e squisitamente umana, connessa col libero arbitrio, un puro atto di intuizione morale: il dovere etico “consiste soprattutto nella realizzazione del bene e del giusto con qualsiasi mezzo. Il Bene non può che essere disinteressato”
** la storia dell’etica, già dall’antichità, è costellata da considerazioni filosofiche che coinvolgono la natura, ma il loro centro resta sempre e comunque l’uomo. Nella Genesi la creazione della natura precede quella dell’uomo, ma una volta che l’uomo viene creato, gli altri viventi vengono affidati a lui. “Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.” (Genesi, 2, 15). Scrive Teofrasto ((371 a.C. - 287 a.C.): “Se qualcuno sostenesse che, non diversamente dai frutti della terra, il dio ci ha dato anche gli animali per il nostro uso, gli risponderei che, sacrificando esseri viventi, si commette contro di loro un'ingiustizia, perché si fa rapina della loro vita”, una linea di pensiero condivisa da Pitagora e Plutarco e da un gran numero di pensatori. Viceversa Aristotele, Cartesio, Hobbes e non pochi altri ritenevano l’uomo esente da qualunque responsabilità verso la natura
*** non si confonda l’etica ambientale (e in generale l’ambientalismo) con l’amore per gli animali e l’animalismo. L’ambientalismo ha come obiettivo la conservazione della natura, della biodiversità, del mantenimento degli equilibri tra le specie. Se per perseguire tali obiettivi è necessario sopprimere degli animali (ad esempio per difendere le specie autoctone può essere necessario eliminare quelle provenienti dall’esterno), l’ambientalista lo fa, l’animalista resta inorridito. Sono molti i cacciatori che si definiscono ambientalisti
**** l’etica verso il nostro Pianeta è a senso unico, né potrebbe essere diversamente. Se vogliamo essere sinceri e mettere da parte le chiacchiere filosofiche, l’etica ambientale è l’atteggiamento dei sudditi deboli verso un imperatore potente che potrebbe irritarsi. La Terra se la cava benissimo da sola, non c’è specie umana o animale che la può danneggiare né migliorare. Questo perché la Terra ha dalla sua una forza che nessuna specie possiede: la pazienza, la capacità di ricominciare tutto da capo un numero quasi illimitato di volte. Scompare la specie homo? poco male, altre specie dominanti, magari più sagge e resistenti, la sostituiranno; scompaiono animali e vegetali? Gaia ne costruirà delle nuove (e in realtà ne costruisce di nuove ogni giorno che passa). Perché il tempo che Gaia ha a sua disposizione non si misura in anni umani: l’universo è ancora giovane e dovranno passare ancora centinaia di miliardi di anni prima che le stelle si raffreddino. Tutto tempo che Gaia ha a disposizione per risistemare le cose, per ricostruire più e più volte specie dominanti che siano più sensate della nostra (che in fondo rappresenta solo il primo tentativo, quindi possiamo giustificare la sua pochezza). In definitiva l’etica ambientale è uno strumento morale con cui l’uomo difende sé stesso, tentando di rimanere romanticamente attaccato a un mondo che conosce

Nell’immagine: Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia,1818

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