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lunedì 30 gennaio 2023

Il calendario di febbraio 2023

Il cavallo nell'arte antica

Benché nel recente passato siano stati dedicati numerosi calendari al ruolo che gli animali hanno assunto come ispiratori di produzioni artistiche, il cavallo non è ancora apparso tra essi. Una mancanza un po' voluta, perché le raffigurazioni artistiche del cavallo sono talmente numerose e differenziate che sarebbero soffocate nel calendario di un singolo mese. E' il motivo per cui dedicheremo questo numero alle sole rappresentazioni dell'antichità (dalla preistoria al medioevo).

Il cavallo, che accompagna l'essere umano da migliaia di anni, ha progressivamente modificato il suo rapporto con l'uomo nel corso del tempo (se vogliamo: l'uomo ha sfruttato questo animale in modi diversi al passare del tempo). Di conseguenza si è andata progressivamente cambiando la sua rappresentazione artistica.

In origine (diciamo una cinquantina di milioni di anni fa) esisteva solo un piccolo erbivoro, alto non più di mezzo metro; passano ancora milioni di anni e il nostro animaletto cresce di dimensione e si differenzia, in base all'habitat, lungo almeno tre linee evolutive: la zebra, l'asino e il cavallo propriamente detto. Finalmente, tra 300.000 e 500.000 anni fa il nostro amico assume l'aspetto con cui lo conosciamo: è l'Equus ferus, comparso, più o meno mentre i neanderthal si disperdono sul pianeta e cominciano a diventare sapiens. Ma dall'Equus feros, al nostro amico attuale, Equus feros caballus,, c'è ancora una bella distanza, visto che la domesticazione non precede il 6000 a.C. (secondo alcuni, il 3.000 a.C.) e quindi è un evento di cinque minuti fa, sulla scala dell'evoluzione planetaria*.

Quindi l'uomo conosceva il cavallo ben prima di farne un collaboratore forzato. In effetti le raffigurazioni più antiche (come la scultura del cavallo della grotta di Vogelherd, risalente al periodo Aurignaziano - 30.000 anni fa - e le 364 pitture di equini delle grotte di Lascaux - 17.000 anni fa) ci riportano immagini di cavalli selvatici.

Il cavallo perse la sua libertà quando l'essere umano scoprì che poteva essere utilizzarlo dapprima come fornitore di carne e latte e in seguito come animale per il trasporto di persone e cose.

Le testimonianze più antiche di carri su ruote datano al 3000 a.C., epoca in cui erano certamente a trazione umana. E' presumibile che la trazione animale sia successiva di almeno mezzo millennio, perché per aggiogare un animale al carro fu necessario attendere un'evoluzione tecnologica, consistente nel rendere le ruote indipendenti. Per la trazione del carro a quattro ruote, più pesante e adatto a trasportare cose, si preferì il bue, l'asino e l'onagro mentre il cavallo divenne il motore elettivo del carro a due ruote, adatto al trasporto di una o due persone, ampiamente utilizzato durante le battaglie dell'antichità**.

Per quel che concerne il trasporto individuale occorre ricordare che per almeno duemila anni l'animale venne cavalcato "a pelo": non solo senza sella ma anche senza finimenti, il che richiedeva una seduta molto arretrata sulla schiena del cavallo (ancora adesso questo tipo di conduzione è detto "monta indiana"). Intorno all'anno 1000 a.C. comparvero le briglie, per facilitare la guida e, più o meno nello stesso periodo, le staffe consentirono di montare più agevolmente e di migliorare la stabilità in movimento. La sella, che fu la massima innovazione perché consentiva un maggior equilibrio, è molto più recente: nacque nel III secolo a.C. in Cina, si diffuse rapidamente e venne progressivamente adattata ai vari compiti attribuiti al cavaliere. Tuttavia l'adozione di questi strumenti non fu simultanea: gli equites romani, ad esempio, utilizzavano forme di sella ma non le staffe, il che rendeva molto difficoltoso l'uso delle armi (e costò ai romani più di una sconfitta). Solo nel VII secolo d.C., ad opera di Carlo Martello, la bardatura del cavallo (briglie, staffe, sella) diventa completa, adeguata al combattimento (anche all'uso delle lance) e si diffonde nel mondo medioevale. Sempre nel Medioevo si sviluppa anche la ferratura del cavallo (pratica che ancora adesso trova una certa opposizione).

Col passare dei secoli e con l'adozione sempre più diffusa del cavallo tanto nella vita civile quanto nelle operazioni belliche si andava delineando la necessità di disporre di cavalli dedicati a specifiche attività, da cui un lungo processo di adattamento morfologico artificiale che ha portato dalle razze primigenie (si stima fossero quattro: due pony e due cavalli più grandi, localizzate in aree specifiche del pianeta) alle circa 300 attuali. E' interessante osservare che già Linneo attribuendo il nome scientifico al cavallo volle render conto delle sue differenziazioni: in latino l'equus classico è il cavallo elegante destinato a essere montato da una persona o aggiogato a un cocchio, mentre il termine caballus deriva dal latino medioevale dove indicata l'animale da tiro.

La lunga vicenda del cavallo ha lasciato numerosissime tracce sociali e artistiche. Il fatto che fosse ben noto ancora prima di essere domesticato ha portato alcuni studiosi di scienze sociali ad attribuirgli un originale totemico e sciamanico. In origine il suo valore simbolico consisteva nella forza strettamente connessa al mondo sotteraneo, con quanto v'è di misterico e inquietante in questa accezione. Dopo la domesticazione (ovvero la dominazione della forza bruta, che così diventa disponibile all'uomo) esso assurge a simbolo di forza positiva e solare e lo stesso processo di domesticazione assume il valore di rito di passaggio. Il connubio tra cavallo e cavaliere proietta sul cavaliere la virtù del cavallo, l'istintualità ma anche il potere di controllarla: valga per tutti il mito del Centauro, che concentra la libido selvaggia del re Eurizione con la saggezza del medico Chirone. Il trasporto a cavallo viene sostituito da quello a motore, ma il motociclista resta un centauro, domina il mezzo meccanico (e ne è dominato) così come il cavaliere domina (e viene dominato) dal cavallo. In definitiva il cavallo è un reale archetipo, come tale diffuso nella massima parte delle culture e ampiamente riconosciuto dai padri della psicanalisi.

nell'immagine: statuetta in bronzo, fine II - I secolo a.C.

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* la domesticazione del cavallo è più recente di quella del cane (15.000 anni a.C.), della capra (10.000 a.C.), della pecora, del maiale, dei bovini, del gatto, del pollo, del colombo e probabilmente dell'asino, considerato più docile ed efficiente come animale da lavoro. L'Equus feros, il cavallo selvatico propriamente detto, che non aveva conosciuto l'onta di essere montato, si estinse verso l'inizio del '900, anche se in Mongolia permane (in corso di reintroduzione) il cavallo di Przewalski, un piccolo cavallo alto meno di un metro e mezzo, che si considera l'unico erede dell'Equus feross Gli altri cavalli che vivono allo stato brado, come i mustang americani, sono in realtà cavalli sfuggiti al controllo umano e inselvatichiti (in particolare i mustang discendono dai cavalli portati in Messico dagli occupatori spagnoli nel Cinquecento. Prima di quell'epoca il cavallo "moderno" non esisteva nelle Americhe, e i nativi americani diventarono ottimi cavalieri proprio catturando i branchi dei cavalli di origine europea)
** il carro da guerra trainato da cavalli con a bordo l'auriga e l'arciere comparve più tardi, non prima del 1500 a.C., perché necessitava di un'altra innovazione tecnologica, ovvero la sostituzione delle ruote piene con ruote a raggi, che lo alleggerivano e consentivano la massima mobilità sul campo di battaglia. La sua introduzione si deve agli Ittiti, ma si diffuse rapidamente tra gli Egizi e in Palestina e successivamente tra i Greci. Era uno strumento costoso, delicato e difficile da manutenere, riservato a condottieri di fama e ad aristocratici, che spesso ne detenevano la proprietà personale

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