Il calendario di settembre 2023
Cammelli & cammelli
Non riflettiamo mai abbastanza sul fatto che esistono civiltà il cui sviluppo è stato quasi totalmente determinato da un solo animale. Uno di questi, così profondamente inserito nel mondo degli uomini da essere considerato a tutti gli effetti domestico*, è il Cammello, in entrambe le varianti a due gobbe (Camelus bactrianus) e a una gobba (Camelus dromedarius); ognuna delle due specie ha consentito lo sviluppo commerciale e l’integrazione culturale di due mondi, separati da migliaia di chilometri ma accomunati dal deserto: l’area che si estende nell’Asia centrale, dall’Anatolia fino alla Mongolia, che era (e, a questo punto dello sviluppo della BRI, è ancora) attraversata dalla Via della Seta; e l’area sahariana, dall’Atlantico all’Oceano Indiano, che ne rappresentava la continuazione dall’Arabia verso l’Africa e il Mediterraneo.
Non si deve pensare a questi percorsi come a singole piste ma come a veri e propri reticoli che connettevano i maggiori centri produttivi dei due continenti, con diramazioni che si estendevano a nord in Europa, a Sud in India e all’estremo Sud-est dell’Asia (Tailandia, Malesia, Indonesia, Borneo, …). Né si deve pensare che su questi percorsi, così come sui paralleli percorsi marittimi, viaggiassero solo sete e altre merci: oltre ai commercianti anche esploratori, uomini curiosi del vasto mondo, portatori di idee e fedi religiose distribuivano le loro conoscenze e ne acquisivano di nuove. Senza il cammello questi trasferimenti di beni materiali e intellettuali, che hanno occupato un periodo di almeno 5.000 anni, sarebbero stati molo più lenti.
Tuttavia il cammello non è originario né dell’Asia né dell’Africa: 5-10 milioni di anni fa, un gruppo di ruminanti, detti Tylopoda (ovvero “dai piedi gonfi”, perché hanno dei cuscinetti morbidi tra le dita), parte delle zone aride del Nord America, attraversa lo stretto di Bering e la Siberia e si stabilisce in Mongolia; da qui un gruppo dei più coraggiosi si muove verso Est e arriva nel Nord Africa, perdendo una gobba. Un altro gruppo di tilopodi va a sud, traversa l’istmo che collega e due Americhe, si stabilisce dalla parte delle Ande, si adatta al clima particolare, perde entrambe le gobbe e sviluppa esemplari più piccoli e agili (lama, alpaca). Detta in breve: i tilopodi amavano il trekking estremo e snobbavano qualunque area dove fosse comodo vivere.
Poi, tra il V e il IV millennio a.C., ecco la tragedia. I nomadi Arabi scoprono che il Dromedario (che chiamano jamal, da cui cammello) può essere messo al lavoro: può trasportare 200 kg a una velocità di 10-15 km all’ora per più giorni di fila, è in grado di affrontare lunghi periodi senza bere (e quando si arriva a un’oasi può immagazzinare fino a 100 litri di acqua in pochi minuti**), è in grado di nutrirsi di arbusti spinosi, cammina sulla sabbia senza affondare, tollera perfettamente le ampie escursioni termiche del deserto, non teme le tempeste perché bocca e narici si chiudono completamente e gli occhi vengono protetti da speciali sopracciglia. In più: vive a lungo (fino a 50 anni), produce un’elevata quantità di latte di eccellente valore nutrizionale (ricco di vitamina C, indispensabile a popolazioni che raramente potevano cibarsi di frutta e verdura), da morto (e possiamo star certi che morivano in tarda età, vista la loro utilità in vita) fornisce una carne molto digeribile, una pelle molto morbida, pelo per tessuti pregiati. Perfino lo sterco viene utilizzato, come combustibile. Non a caso (e forse con un po’ di senso di colpa) un proverbio arabo recita “l’uomo è un parassita del cammello”. Un unico conforto: il cammello non è adatto all’impiego bellico: gli arabi giungevano sul campo di battaglia a dorso di dromedario tirandosi dietro il cavallo da montare al momento di combattere.
Anche se con minor certezza è probabile che, all’altro capo del mondo, anche i mongoli e i cinesi scoprano le virtù del cammello battriato, con un punto in più: la Mongolia, a differenza del Sahara, è in gran parte montagnosa e soggetta a innevate: ebbene, il cammello battriato, così come non affonda e si muove agevolmente nella sabbia, non affonda e si muove agevolmente nella neve.
La traccia che il cammello ha lasciato nell’arte è assai discontinua. Occorre comprendere che il cammello era considerato una sorta di strumento di lavoro, assimilabile all’automobile dei nostri giorni, un animale utilissimo ma non particolarmente investito di quelle qualità eroiche che sono alla base di molte pulsioni artistiche soprattutto nell’antichità: le battaglie avvenivano a cavallo, tanto presso i mongoli quanto presso i cinesi, gli arabi e gli egiziani. Tuttavia restano numerose testimonianze figurative del cammello battriato in Cina (soprattutto ceramiche della dinastia Tang, che si esaurì verso l’anno 1000), un po' meno in Mongolia. Nell’area araba e nord-africana pesa su tutto lo sviluppo dell’arte, dopo il 700 a.C., la proibizione islamica di rappresentare persone e animali (che veniva intesa come un tentativo di copiare l’opera di Allah). D’altra parte il cammello non è mai penetrato nell’Europa antica e merdioevale (salvo come animale da circo) e quindi l’Occidente - dall’epoca romana fino al tardo settecento - ha lasciato solo sporadiche tracce figurative del cammello.
Le cose cambiano completamente dall’inizio dell’800, dopo la spedizione di Napoleone in Egitto del 1798 e sotto la spinta colonialista dell’Europa. Nel giro di pochissimi anni gli europei scoprono l’Africa e il vicino Oriente: terre esotiche, impregnate di luce e sensualità, usi e consumi diversi, lontanissimi dai vincoli della morale imperante. Il Romanticismo si appropria di tutto ciò che è egiziano, arabo, turco. E’ l’Orientalismo e il cammello - pur non diventando un protagonista (semmai una comparsa sullo sfondo, dietro a carovanieri, beduini, fucilieri) - esige una sua piccola parte, anche se i “grandi” orientalisti (Delacroix, Ingres, Lawrence Alma-Tadema, etc) snobbano il povero animale preferendogli cavalli in pose guerresche, fanciulle discinte e rovine pittoresche. La massima parte degli Orientalisti, soprattutto in Italia, sono pittori minori, manieristi specializzati che trovano così nuovi temi per quadri da appendere nei salotti piccolo borghesi, inventando un nuovo mercato. La massima parte di loro non ha mai messo piede in Oriente, ma alcuni, come Cesare Biseo, Alberto Pasini, Giorgio Oprandi non solo hanno visitato l’Egitto, il Marocco, la Persia, la Turchia, ma vi hanno lasciato anche alcuni capolavori. Il culto dell'esotico si prolunga fino a nostri giorni e ancora oggi è facile trovare presso mercanti e case d’asta un buon numero di opere orientaliste.
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* tutti i Camelidi possono essere considerati specie domestiche (gli esemplari che vivono allo stato libero sono quasi sempre inselvatichiti). Solo in Mongolia esiste un piccolo gruppo (molto protetto) di Camelus ferus, il cammello originario, che differisce anche geneticamente dagli altri cammelli ** la capacità dei cammelli di resistere senza bere ha solo indirettamente a che vedere con l’immagazzinamento dell’acqua nelle gobbe: le gobbe contengono grasso che viene metabolizzato progressivamente, consentendo all’animale di rimanere a digiuno, e rapidamente reintegrato bevendo grandi quantità d’acqua. I reni sono molto capienti e l’acqua dell’urina viene immediatamente riassorbita, così come quella nelle feci, che sono emesse molto secche. Ciò consente al volume plasmatico di rimanere costante perfino durante una grave disidratazione. Anche l’anatomia contribuisce alla capacità di resistenza: le zampe lunghe consentono al cammello di mantenersi lontano dal calore del suolo |